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Anno 2007 -  

XXIX Festival internazionale di cinema e donne di Firenze

 

a cura di Maria Grazia Riveruzzi

 

 

Sono trascorsi cinque anni da quando per la prima volta  ho partecipato al Festival  del cinema e donne ,organizzato dal laboratorio “ Immagine donna “ di Firenze , motivata dal desiderio di conoscere più direttamente le novità cinematografiche e le loro autrici e particolarmente stimolata dall’amica Rita Monaco , critica cinematografica più volte ospite della Biblioteca delle donne di Soverato in occasione di rappresentazioni filmiche e di rassegne .

Da allora non manco al grande appuntamento con le news e con le registe  , esordienti e non , provenienti da tutte le parti del mondo : Asia , Africa , America , Nuova Zelanda , Europa .

Vanno forte per la qualità e per i contributi finanziari dei Ministeri i film delle registe spagnole , francesi , nord-europee , mentre in Italia le autrici fanno fatica ad affermarsi sul mercato cinematografico per mancanza di mezzi  e di aiuti statali e per la scarsa credibilità presso le case  di produzione e di distribuzione che preferiscono film commerciali .Sempre più numerose si affacciano sulla scena del cinema anche le donne algerine , palestinesi , georgiane , libanesi ,iraniane , etcc , che scelgono il mestiere della regia per poter testimoniare con la parola e con l’immagine la realtà che vivono e lo fanno attraverso mille difficoltà.

Alla 28° edizione del Festival di Firenze è stato il turno dell’Africa : una retrospettiva che viaggiava per Paesi e autori /trici  , dal Malì di Souleymane Cissè con il film “Finye “ al Camerum di Jean-Pierre Dikonguè- Pipa con “ Muna “.La passione africana alimenta la vena cinematografica di grandi artiste come Andrèe Davanture e Kim Longinotto rispettivamente esperte nel montaggio e nel documentario  del film “ Sisters in law” . Lo sguardo si allargava poi  sulla nuova emancipazione delle donne africane e indiane  con un  fedele ritratto dell’esistenza complessa e contraddittoria della donna tunisina in  “ Fatma “ di Khaled Ghorbal  e  con  uno straordinario documentario sullo stupro nella comunità  nera americana in “ No” di Aishah. Il sorprendente documentario “ Le moderne donne indiane “di Vandana Kohli  è un viaggio attraverso cinquant’anni di storia  delle donne e dell’India  per arrivare ad oggi e presentarci dell’India le scrittrici , le scienziate , le leader del movimento no global.

Quest’anno il Festival Internazionale di Cinema e Donne è giunto alla sua 29° edizione ed è stato inserito nel programma più vasto dei 50 giorni di cinema internazionale  di Firenze ,dedicato al France cinema e al Festival dei popoli . Le proiezioni dei film si sono svolte al cinema Gambrinus  dal martedì 6 novembre alla domenica 11 novembre .

Il significato fondante di quest’ultima edizione è tutto racchiuso nel suo titolo “ Il futuro della memoria “ , ma non si parla del passato , bensì del futuro . Lo sguardo e la parola , pur scegliendo stili e tendenze nuove , non possono interrompere il filo  che li lega al passato . Il filo conduttore della rassegna è quello della memoria : la fenomenologia dello spirito creativo delle donne sul filo della genealogia materna e familiare . L’obiettivo si allarga dal più vicino al più lontano dei luoghi , focalizzando quella parte dell’ Europa , di cui si parla e si conosce poco; ed è quella mediterranea , laddove il mare è “più pescoso e insidioso ,ma caldo e seducente “ .

I due sigilli della Pace sono stati assegnati a due autrici che , attraverso il film perseguono  le ragioni della conoscenza e del dialogo in situazioni estreme di conflitto e di oppressione  : uno per il film a soggetto Barakat ( Basta )  alla regista  algerina Djamila Sharaoui e uno per il documentario Le porte sono aperte . Qualche volta ! alla regista palestinese Liana Badr .

Non sono mancati revival e premi alle attrici italiane come Alida Valli , Eleonora Giorgi , Antonella Fattori .

Il ritorno di Arsenio Lupin  , film rarità di Yves Robert e Il grido di M. Antonioni hanno aperto la rassegna filmografia  dedicata ad Alida Valli , donna istriana ,destinata , più di ogni altra , a rappresentare la grande attrice del Novecento , la donna più amata dagli Italiani , l’ambasciatrice del nostro cinema ad Hollywood e in Europa . Di lei scrive Anna Maria Mori “ Inquieta , coraggiosa, inconsapevole del successo, solitaria , aristocratica e umile , riservata e generosa fino alla

dissipazione di sé ……”

Per renderle omaggio e per ricordarla in modo completo , la Regione Friuli Venezia Giulia ha realizzato un’opera di restauro e di ristampa dei suoi film migliori . Al Festival  di Firenze sono stati aggiunti alla collana filmografia pezzi rari e di grande interesse per l’attualità del soggetto e del ruolo femminile . Alida Valli rappresenta un’attrice che racconta come nessuna mai il percorso accidentato delle donne del Novecento , tra la Guerra e il Dopoguerra , telefoni bianchi e cinema d’autore e comunque un grande e vero cinema .

Premio Gilda  è stato assegnato all’attrice italiana , ora anche regista , Eleonora Giorgi che più di ogni altra donna è capace di rappresentare l’aria del nostro tempo , le mille ambiguità, il desiderio di cambiamenti . Il film  ,da lei stessa diretto , “ Uomini § donne, amori § bugie”  è un viaggio della memoria con spunti autobiografici venati di nostalgia e di sofferenza . Un ritratto di famiglia , al cui interno si confrontano genealogie femminili ,dalla madre alle figlie ,che ruotano attorno alla figura del “pater familias” . Il soggetto era interessante e attuale , peccato l’ interpretazione dei protagonisti ( penosa Ornella Muti nel ruolo della madre ! ) .

Venerdì 9 novembre ho assistito alla rappresentazione del cortometraggio Les residentes di Helene Trigueras , un film –inchiesta coraggioso e originale , girato nella sezione femminile delle carceri di Joux-la Ville in Francia . Cinque donne condannate a lunghi periodi di detenzione raccontano e si raccontano , aprendoci  le vie segrete dell’animo umano .

L’ autrice iraniana Afsar Sonia Shafie ci conduce  per i vicoli e le case della sua città con il film Ma famille a Teheran ; è un ritorno nostalgico nel seno della sua famiglia  , un recupero di ricordi  mai detti di sua madre e di sua nonna . Film toccante e significativo perché  , raccontando la storia privata , documenta la condizione della  gioventù iraniana, della  sua generazione di donne in movimento verso l’emancipazione , di quella che nessuno oggi racconta .

Ma il clou della serata per il pubblico fiorentino è stato l’incontro con una delle Maestre del cinema europeo : la ceca Vera Chytilova che ha presentato l’ultimo suo lavoro , inedito per l’Italia ,Pleasant moments. Il film è un caleidoscopio delle vicende tragicomiche della vita e dei personaggi che affollano lo studio di una psichiatra , donna indipendente ed emancipata . Ispirata ai casi autobiografici della sua sceneggiatrice , la regista vuole  far conoscere al mondo  come sia ancora più complicata , oggi, la situazione politica e in particolare la condizione delle donne , nel suo Paese ( Cecoslovacchia ) . “ La situazione ora è insopportabile – afferma la regista – anche per il cinema . Era migliore sotto lo Stato socialista che aiutava il cinema se non altro per dare un’immagine positiva di sé” .  Interessante per soggetto , fotografia e interpretazione è stato il lungometraggio Dunia della regista libanese Jocelyn Saab , realizzato in cooproduzione Francia , Libano , Marocco . Corpo e cuore del film è il tema drammatico della mutilazione genitale femminile come metafora della mancanza della libertà e del piacere . Il racconto , ambientato negli anni in cui l’integralismo trionfava in Egitto , rappresenta il manifesto di una nuova liberazione delle donne  , invitate a riprendersi il mondo secondo il loro  unico desiderio e Dunia ci riesce con la poesia , con la danza e con la musica .

Il sabato mattina alle ore 11 del 10 novembre  , come ogni anno , appuntamento con le autrici in una saletta del hotel Lungarno . Qui le registe raccontano i retroscena  , le difficoltà economiche e politiche che hanno dovuto affrontare per realizzare le loro opere , soprattutto quando il cinema assume la funzione di denuncia , di racconto del vero , dell’indicibile .

Molte di loro hanno scelto il documentario  come forma preferenziale di osservazione e di testimonianza . Habiba Djahnine , passata da militante della causa femminile a regista , in Lettre à ma soeur ripercorre in macchina i luoghi  , incontra le persone vicine a sua  sorella , esponente del movimento culturale in favore dei diritti delle donne in Kabylia e uccisa dai talebani : l’assassinio diventa un soggetto d’indagine per capire cosa  è successo in Algeria durante i 10 anni di massacri , soprattutto delle donne . Il film ,dolcissimo e duro in un tempo ,è un invito a riprendere la parola e la forza dell’azione e a non lasciarsi fermare dalla violenza .

Anche le nostre registe come Giuliana Gamba e il suo In Kurdistan  è difficile o Liliana Ginanneschi e il suo Occhio sensibile puntano l’obiettivo sul mondo dei dimenticati , il mondo della fame , della solitudine , della discriminazione , della violenza .

Non è facile girare un film , sostengono le registe durante la conferenza –stampa : ci sono difficoltà di ordine pratico , di ordine politico ,  culturale  o riferite a  pregiudizi sessisti . Molte di loro sono costrette ad autofinanziarsi , altre a svolgere le riprese in luoghi e in condizioni di estrema pericolosità . Difficile trovare i produttori e ancor più la case di distribuzione .

Algerine , libanesi ,iraniane….., tutte sono convinte, comunque ,che le loro opere filmiche siano importanti per il processo di democratizzazione e di emancipazione femminile dei loro Paesi , dove trionfano il fondamentalismo islamico e il conformismo di cui si ammanta la  borghesia per i suoi biechi interessi economici . Velo e antidemocrazia vanno di pari passo .

Con il cinema-donne di Firenze si è aperto il sipario su un mondo femminile ancora poco conosciuto , così geograficamente lontano , ma così vicino per spiritualità mediterranea e per identità di genere . Tante storie di donne , donne di ogni latitudine , accomunate dalla voglia di cambiare, di uscire dalla spirale della povertà ,della discriminazione; accomunate dalla voglia di restituire dignità e esistenza a sé e alle altre “ sorelle” . Far conoscere alle nuove generazioni la loro storia tra l’emancipazione e la liberazione è una vera e responsabile operazione politica .

Come possiamo non condividere la nostra con la loro storia ? Come possiamo non diffondere nei nostri Paesi la loro storia che in misura minore è stata ed è ancor oggi nostra ?

 

 La Biblioteca delle Donne di Soverato , che ha come precipua finalità quella di diffondere i saperi , di valorizzare le capacità creative  delle donne , di promuovere la coscienza della propria identità e del valore di genere si è  impegnata  e si impegnerà sempre a realizzare progetti di cinema –donne per una riflessione più profonda sulla diversità  e disparità delle donne di altri Paesi ,  per   una convivenza civile e democratica tra culture diverse e per una pratica politica di relazione  di genere. .



Soverato 10/ 12 / 2007

 
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